L’altro lato dello specchio | Biancaneve e i sette nazi
È festa! Una festa interamente dedicata a Biancaneve. Palloncini colorati, una torta di mele, regali e coriandoli: tutto questo per lei, una ragazza bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano. Biancaneve e i sette nazi di FanniBanni’s, primo spettacolo del collettivo, mette al centro una giovanissima Biancaneve, con il suo vestito in tulle blu e le converse.
La sua storia è largamente conosciuta: la matrigna vorrebbe scavalcarla, superarla, ucciderla, diventando lei la più bella del reame. La ragazza però viene salvata dall’incontro con il suo vero amore. Tutto questo sembra quasi dimenticato nella riscrittura firmata da Nicoletta Nobile ma, come dice la matrigna stessa, «Tutti si ricordano sempre le cose brutte, mai le cose belle»: ed ecco che ritorna la paura del veleno diluito nella torta e tutti ricordano soltanto il tentato assassinio o le scarpette di ferro rovente.
Tutto questo, però, pare non turbare l’allegria iniziale; la regina madre (Giorgia Favoti) sembra cambiata: non è davvero così cattiva in fondo. Ha organizzato la festa di compleanno e mostra numerosi segni di affetto e di cura per la neo-maggiorenne Biancaneve, interpretata da Giorgia Iolanda Barsotti. Eppure, se in un’occasione di festa venissero a galla gli scheletri nascosti nell’armadio, potrebbero non bastare un allegro fischiettio o le divertenti battute dette da alcuni invitati, come tentano invece di fare il gruppo dei sette nani – ormai rimasti solo in due (Gabriele Anzaldi e Simone Baroni) e che tanto bassi poi non sono – facendo da contraltare ironico ai momenti di litigio tra la regina e Biancaneve.
Lo spettatore si trova catapultato a osservare una sorta di Perfetti Sconosciuti da favola, film del 2016 di Paolo Genovese dove, in una cena tra amici, i segreti celati da ciascun personaggio rischiano di rovinare la vita delle persone a loro più vicine. E così accade anche nello spettacolo di FanniBanni’s: Biancaneve non è poi così innocente come è sempre sembrata. Le versioni della favola si intrecciano – potrebbe forse essere stata la stessa madre della ragazza a volerla morta, come ricorda la matrigna – e si svelano i punti deboli dei personaggi, i problemi irrisolti tornano a galla e l’alone magico che avvolge Biancaneve sembra esaurirsi. Ma, in fondo, chi non ha nulla da recriminarsi?
Forse proprio per questo la festa può andare avanti, nonostante l’inarrestabile emersione dell’orrore: l’energia della musica, le danze sfrenate e le luci intermittenti continuano ad abitare la scena. Si gioca, si scartano i regali e si ride, anche quando lo “specchio servo delle mie brame versione 2.0”, una sfera animata e capace di trovare una risposta a qualsiasi domanda, è fin troppo onesto, al limite dell’esagerazione e della scorrettezza.
Biancaneve e i sette nazi riesce a suscitare l’ilarità: ridono i personaggi e ride il pubblico anche quando si toccano argomenti su cui, difficilmente, si riesce a scherzare, soprattutto in occasione di un compleanno e ancor più se quei festeggiamenti vogliono celebrare l’entrata nel mondo degli adulti. La maggiore età rappresenta un momento di passaggio fondamentale e non può essere rovinata dai dissapori del passato: si tenta di recidere il cordone ombelicale che collega i figli ai genitori.
Questo è quello che in fin dei conti fa Biancaneve, anche se la sua situazione risulta grottesca; in scena viene infatti ricreata una festa per bambini. L’assurdità contagia anche gli altri personaggi: nessuno viene scosso dalle frasi fatte e dai luoghi comuni che vengono pronunciati, da «i bambini che muoiono di fame», dal «te la sei cercata», dal «chissà cosa hai fatto al cacciatore». Il pubblico continua a ridere persino sulla «storia di poco conto» della ragazza violentata e uccisa nel bosco, perché, in fondo, «chi si impiccia si impicca».
La drammaturgia di questo spettacolo tocca questioni vive e attuali con estrema leggerezza e ironia, dalla violenza sulle donne all’uso della schwa, dalla perdita della fiducia nelle persone all’immagine socialmente accettata della donna, al famoso detto “parenti serpenti”. Una festa in cui si riflette il mondo contemporaneo, con tutte le sue brutture e i suoi orrori. Una festa che si ripete ogni giorno, anche quando la favola di Biancaneve si conclude, anche quando si è ormai fuori dal teatro. Una festa a cui sono tutti invitati e da cui nessuno è esonerato. Specchio, servo delle mie brame, chi è al sicuro in questo reame?
Adriana Nuzzachi
in copertina: foto di Marcella Foccardi
BIANCANEVE E I SETTE NAZI
un progetto di FanniBanni’s
produzione Artisti Drama
regia e drammaturgia Nicoletta Nobile
con Gabriele Anzaldi, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti, Giorgia Favoti
dramaturg Giulia Trivero
costumi Rossana Gea Cavallo
progetto sonoro Gabriele Anzaldi
illustrazioni Claudia Bumbica
consulenza alla scenografia Marta Solari
un ringraziamento speciale a Rita Frongia
con il contributo del MiC
Questo contributo è parte dell’osservatorio critico di Canile Drammatico