Le indagini del dramaturg: un talk con Linda Dalisi
Il palco del Teatro al Parco di Parma è disseminato di mappe colorate, ipnotiche, punteggiate di post-it e disegni di ogni forma. Questi enormi fogli raccontano il metodo di lavoro di Linda Dalisi, una delle voci più influenti del panorama teatrale italiano. A partire dal suo libro Dramagia, Edward Albee e il mestiere del Dramaturg, dialogano con lei Rita Di Leo, direttrice artistica del festival, e Alice Strazzi di Stratagemmi – Prospettive teatrali.
Il resoconto del processo creativo, raccontato nella pubblicazione e vissuto da Linda Dalisi durante i mesi del lockdown, è un viaggio che si snoda attraverso le incertezze di quel periodo, quando l’autrice stava preparando la messinscena di Chi ha paura di Virginia Woolf?. Il risultato è un libro tripartito — come è tripartita la drammaturgia di Albee — che esplora la biografia dell’autore americano, raccontando la genesi dello spettacolo e raccogliendo appunti e riflessioni dell’intero percorso che porta alla creazione di una mappa unica e irripetibile. Non si tratta di informazioni semplicemente giustapposte, ma di veri e propri mosaici relazionali, dove confluiscono sensi e significati condivisi, creati a partire dalla volontà di tradurre la ricerca artistica in dimensione visiva.
Queste mappe sono strumenti di lavoro dinamici e in divenire, che ricordano, per stessa ammissione di Dalisi, le mappe utilizzate dai detective nel corso di un’indagine. Permettono di visualizzare e organizzare le informazioni, facilitando una comprensione più profonda del testo. Ma sono anche, e soprattutto, l’ultimo lascito di un percorso condiviso che accompagna attori e registi per mesi, in un processo di ricerca che — forse — non giunge mai davvero a termine.
L’ingresso nell’officina cartografica di Dalisi offre una preziosa opportunità di riflettere sulla figura del dramaturg, ruolo ancora poco conosciuto e istituzionalizzato nel contesto teatrale italiano. Polivalente e sfaccettato, il dramaturg funge da collante e guida per gli artisti, accompagnandoli nel percorso di co-creazione. È quindi suo compito fare del testo teatrale una materia viva, da indagare con cura e precisione. Un labor limae di cui l’autrice condivide generosamente con il pubblico alcune buone pratiche: ad esempio, quella di trasformare la narrazione romanzesca in discorso diretto, eliminando il «rumore della pagina» per creare un testo che possa vivere pienamente sulla scena.
Tra gli aspetti cruciali del modus operandi di Linda Dalisi emerge indubbiamente la tensione verso un’intima e profonda collaborazione con l’attore, una porta d’accesso a mondi inesplorati e quasi impossibili da prevedere, capace di apportare alla partitura drammaturgica un contributo imprevedibile quanto fondamentale. È quindi attraverso la relazione sinergica tra dramaturg, attori e regista che prende forma un alfabeto comune: un segreto custodito dalla compagnia, di cui la mappa resta l’unico ricordo tangibile.
Mappa dopo mappa, Linda Dalisi si racconta condividendo frammenti dell’interminabile viaggio dell’artista alla ricerca della verità. «Che cosa è vero? Qual è la verità scenica? Qual è la verità dell’attore? Cos’è menzogna? Qual è la differenza tra mentire e interpretare? Questa è la ricerca», incalza Dalisi. Diventa chiaro come la ricerca di un senso artistico comune e condiviso rappresenta un vero e proprio atto di resistenza: una ribellione collettiva, corale, contro ogni forma di individualismo e indifferenza. Perché «vivere il teatro in maniera totalizzante è già un atto politico».