Uno sguardo nella bottega di Gabriele Di Luca | Laboratorio di drammaturgia
Un insieme caotico di fogli scritti e oggetti sparsi su un tavolo, un vociare sommesso che si diffonde per tutta la stanza: ecco come appare, a uno sguardo esterno, l’officina di drammaturgia allestita dall’autore Gabriele Di Luca nella sala Shakespeare di Teatro Due nell’ambito del festival Canile Drammatico. Durante le due giornate di laboratorio, i dodici partecipanti indagano i meccanismi drammaturgici della composizione del personaggio, ricavando considerazioni teoriche a partire da un’analisi realizzata attraverso la lettura dei testi da loro ideati e composti.
Di Luca attua un metodo preciso e codificato: si lavora seguendo una modalità prima individuale per poi approdare a una restituzione che si potrebbe definire “democratica”, condivisa, collettiva; in altri momenti, invece, alcuni esercizi prevedono la suddivisione dei partecipanti in gruppi, cercando un affondo più diretto nella drammaturgia scritta da ciascuno, sviscerandola a fondo e appuntando modifiche. Seduti attorno a un grande tavolo, i ragazzi e le ragazze leggono e commentano i loro stessi lavori, prima tra di loro e poi passandoli nelle mani di Di Luca, capace di creare un equilibrio tra i momenti di informalità e divertimento e quelli più propriamente pedagogici, caratterizzati da grande chiarezza, evitando un’impronta rigida o paternalistica.
Si percepisce un’atmosfera di estrema familiarità e distensione in questa dimensione laboratoriale collettiva, dove sono al centro i giovani, ciascuno con il proprio sogno da «proteggere, accompagnare e sostenere», come rimarca spesso Di Luca. Emerge, dalle sue parole, l’importanza di fornire, con la giusta delicatezza, gli strumenti adeguati a coloro che saranno gli autori del futuro, per aiutarli a dare una direzione alla «spinta verso il teatro» che, senza una guida, rischierebbe di perdersi e di non essere incanalata.
A questo scopo, dopo le restituzioni delle prove di creazione drammaturgica, sono proprio i partecipanti a sottolineare gli aspetti che funzionano meglio, evitando che cali l’ombra del giudizio che a volte può aleggiare in alcuni workshop. In poco più di quarantotto ore, i ragazzi e le ragazze del laboratorio hanno reso vivo uno spazio grazie alla scrittura, abitandolo attraverso letture drammatizzate dei testi, oppure stando chinati sui laptop a leggere con attenzione, o anche sdraiati a terra in posizione d’ascolto.
Spesso, si è legati all’idea dell’autore come qualcuno chiuso in uno stanzino a battere su una tastiera. Gabriele Di Luca, invece, costruisce il suo metodo basandolo su un’intensità completamente diversa: tocca, afferra, dà corpo e carne alle parole, spesso rendendo visibile il suo prendere parte al momento di discussione. Teso, attivo ed energico, incarna, di volta in volta, i personaggi appena delineati nero su bianco sulla pagina. Incita i partecipanti a portare nella scrittura il rischio della vita vera, la paura della fine, sostenendo una pratica artistica che resti ancorata ai nostri tempi, in modo tale che il teatro possa continuare a circolare in chi ne fruisce, per farlo «tornare al sangue, e alla morte».